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Carico, scarico e attese: quanto questo influisce sull’uomo?
Carico, scarico e attese: quanto questo influisce sull’uomo?

Dannose attese. Un recente studio condotto da GOLIA, piattaforma italiana leader nel fleet management, e relativo a quanto le attese durante le operazioni di carico e scarico incidano dal punto di vista economico e sociale sulle aziende, ha portato alla luce la centralità dell'essere umano nel cluster dei trasporti e della logistica. Come questo tempo apparentemente perso, infatti, incide sull'uomo? Come fare per ripartire al meglio e riprendere correttamente la giornata lavorativa? Sono tutti interrogativi posti direttamente alla dott.ssa Federica Biassoni, responsabile dell’Unità di Ricerca in Psicologia del Traffico - mobilità, sicurezza e sostenibilità - dell’Università Cattolica di Milano. Riportiamo qui la sua intervista.

Come incide, a livello psicologico nel conducente, questo tipo di attesa?
Bisognerebbe distinguere il vissuto di ognuno. Ci può essere chi apprezza un’attesa di questo genere, ma immaginiamo che per la maggior parte dei conducenti professionali l’attesa sia vissuta come un tempo morto. Questo, da un punto di vista cognitivo, significa staccarsi dal compito della guida per un tempo lungo, fattore che porta a mettere in stand-by alcuni processi come l’attenzione, la concentrazione e la valutazione del rischio. Inoltre, come già detto, i tempi si allungano e, quando si tornerà a guidare, si sarà già attivi sul lavoro da tempo. Così la variabile della stanchezza influirà maggiormente. Sul piano emotivo, invece, qualcuno può vivere questi momenti come un’oasi di relax, mentre altri possono sentirsi annoiati, frustrati, infastiditi, stati emotivi che vanno ad impattare sui processi cognitivi come ad esempio l’attenzione. Quando siamo arrabbiati, il nostro campo d’attenzione si restringe e siamo meno abili nel monitorare l’ambiente circostante. Infine, sul piano motivazionale, c’è chi vive questa attesa come un’imposizione e chi, invece, la giudica parte integrante del proprio lavoro.

Come incide il tempo di attesa sul conducente e sugli utenti stradali quando il primo si rimette alla guida?
Dopo l’attesa si tratta di “riaccendere il motore” anche dal punto di vista mentale. Dunque, in poche parole, occorre tornare ad un livello di attenzione adeguato al tipo di guida,
ed avere la capacità di concentrarsi per un tempo lungo. Tuttavia, minor attenzione e concentrazione possono essere causa di difficoltà a percepire e a rispondere correttamente al pericolo, con tempi di reazione inevitabilmente più lenti. Passiamo ora alla sfera privata di un camionista. Dopo una giornata così stancante al lavoro si ritorna a casa dai propri affetti. Qual è lo stato d’animo? Si arriva a casa stanchi, avendo risposto a tante richieste lavorative in termini di attenzione, concentrazione, prontezza di reazione e gestione delle aspettative. A livello emotivo, inoltre, potrebbero essersi verificate situazioni stressanti. Il modo in cui tutto questo impatta sulla vita di ognuno è soggettivo, ma certamente si torna a casa avendo fatto fronte a delle situazioni di stress, cognitivo ed emotivo, che hanno letteralmente “spremuto” l’autista.

Ci possono essere dei possibili rimedi per limitare tale stress?
Occorrono studi più approfonditi per capire. Andiamo per step. Per prima cosa bisognerebbe condurre delle analisi per comprendere quali siano i ritmi lavorativi più sostenibili, più adeguati per conservare il benessere e la miglior efficienza degli autisti; abbiamo ad esempio bisogno di capire cosa cambia tra un’ora e quattro ore di pausa, e come queste differenze impattano sulle persone. Una volta acquisiti questi dati si dovrebbe passare a modulare il lavoro tenendo conto dell’impatto dei tempi di guida e di riposo sui conducenti professionali. Si potrebbe poi pensare di utilizzare queste attese per proporre delle attività di beneficio per l’autista, come training e formazione, oppure attività di promozione del benessere, che risulterebbero essere un plus per l’utente.

Esistono degli accorgimenti per tenere l’attenzione alla guida sempre alta?
La nostra mente funziona per cicli. L’attenzione può essere mantenuta per un periodo e poi naturalmente decade, ne consegue che c’è bisogno di un cambiamento di attività. Si può quindi staccare l’attenzione da quello che si sta facendo per un breve periodo, come permettono i tempi di riposo obbligatori. Su questo punto, un ruolo fondamentale lo gioca la formazione, che vada però al di là del contenuto tecnico e che permetta alle persone di diventare consapevoli di come “funzionano” quando sono alla guida. Consapevolizzare su cosa succede a livello mentale durante una distrazione, potrebbe aiutare a comprendere davvero l’impatto e le conseguenze del proprio comportamento
alla guida.

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